RISVEGLIO

La prima cosa che percepisco è l’aria fresca che mi entra dentro. Non è l’odore di casa mia, dove sono? Porta profumi leggeri, che riconosco appena. Terra umida, legno, muschio. Ha in sé un che di elettrico che mi chiama con prepotenza alla vita. Poi mi accorgo dei suoni. Qualcosa gratta poco distante, una marmotta che scava la sua tana. Il canto allegro del pettirosso, ambasciatore del mattino, si alterna a quello cupo della civetta, sovrana della notte. Così che per risolvere se sia notte o giorno apro pigramente un occhio. Una luce tenue filtra attraverso il telo della mia tenda. Non è ancora l’alba. Mi rigiro svogliata nel sacco a pelo e il mio braccio urta qualcosa. Allungo la mano e tocco la mia macchina fotografica. Sorrido ripensando alla serata di ieri. Miliardi di stelle affollavano il cielo, la Via Lattea correva tra il Pelmo e i Lastoi come un fiume in piena. Mi riscuoto: non sono venuta qui per rimanere in tenda. Scalcio via il sacco a pelo e mi vesto nell’aria fredda del mattino. Apro la zip. Davanti a me il Pelmo, imponente, maestoso, si specchia come una donna vanitosa sul piccolo lago delle Baste. Faccio qualche scatto, poi torno alla tenda e preparo il fornello. Il profumo del caffè per un attimo copre quello del bosco. Il silenzio viene improvvisamente rotto dal rintocco delle campane. Iniziano quelle di Santa Fosca, seguite a breve da Colle Santa Lucia e Selva. Mi siedo sull’orlo. Dietro di me, 500 metri più in basso, i campanili appuntiti circondati dai bei tabià in legno, e la vita che lentamente inizia a stiracchiarsi. Davanti prati ondulati che terminano improvvisamente su pareti verticali e una perfetta solitudine. Soffio sul mio caffè mentre la luce cambia, dal blu al giallo, e dà fuoco alle lisce pareti davanti a me, per poi spegnersi nell’azzurro del giorno. La civetta non canta più.

Elisa Cortelazzo

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